LA FIDUCIA SMARRITA

Negli ultimi tempi sentiamo sovente indicare l’Italia come un Paese sfiduciato.
Credo che molti di noi istintivamente vadano col pensiero alla sfiducia che da troppo tempo dichiariamo alla classe politica, che ha fornito peraltro molti moventi per meritarsela. Ma, in realtà, la sfiducia del Paese è molto, molto di più, perché tantissime persone la sentono dentro come un’alea di paura che attanaglia diversi aspetti della vita: la vita lavorativa, la vita pensionistica, la vita della sicurezza, la vita sanitaria, la vita delle relazioni sociali, la vita del futuro.
Ma una Nazione i cui cittadini sono sfiduciati è una Nazione che non ha il futuro, è una Nazione destinata a morire.
Ma in Italia, oggi, parlare di sfiducia è sicuramente riduttivo, perché gli stati d’animo degli italiani sono multiformi: disorientamento, insicurezza, rabbia, apatia, odio, pessimismo, angoscia, ansia, disamore: la sfiducia si trasforma in paura delle paure.
Siamo praticamente arrivati alla “paura di vivere”.
Ma come possiamo non dare istintivamente ragione ai nostri concittadini di fronte a sfratti, peggioramento della capacità di spesa, rischio di perdita del posto di lavoro ( se non già perso) fibrillazioni sociali, welfare in sgretolamento.
Eppure, proprio perché siamo in una situazione così problematica dobbiamo invece lanciare un appello forte a riprendere fiducia, anche se può sembrare una richiesta poco realistica in una fase di ampio decadimento politico/economico; ma, come dico nelle mie conferenze, proprio una situazione così estrema ci deve dare una scossa, ci deve portare ad occuparci in prima persona dei fatti che ci riguardano, agendo e non solo a lamentarci.
Occorre rimotivarci, perché la vita può ancora dare molte soddisfazioni, non possiamo, non dobbiamo pensare che tutto stia per finire, al contrario: intorno a noi ci sono sicuramente molti soggetti ai quali possiamo concedere la nostra fiducia e viceversa. Dobbiamo trovare posizionamenti nuovi, cominciare a pensare diversamente, cercare orizzonti futuri alternativi; solo chi non si attiverà perderà la sfida dei prossimi anni.
Cominciamo a sopravvivere e proseguiamo, cercando ovunque motivi di fiducia nel privato, nel pubblico, nelle relazioni: incredibilmente ne troverete  molti, a partire dai piccoli imprenditori che, con immani fatiche, lotte e sacrifici hanno continuato a far procedere le loro aziende e stanno ormai vedendo una luce in fondo al tunnel, a quegli operai che sono riusciti a riciclarsi o hanno trovato migliori impieghi all’estero come diversi nostri ricercatori.
Alternative facili non esistono, ma se la classe politica attuerà le giuste riforme e ognuno di noi si attiverà in proprio a fornire contributi significativi vedrete all’orizzonte un futuro migliore per noi e per i nostri figli.

Giorgio Borello

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